Come sono gestiti i servizi di welfare aziendale in busta paga e quale tassazione viene applicata?
Tra i dubbi più frequenti quando si parla di welfare aziendale c’è il suo trattamento in busta paga e il relativo trattamento fiscale e contributivo.
In generale, i servizi di welfare aziendale non concorrono a formare il reddito del lavoratore e sono deducibili in capo all’azienda; tuttavia esistono delle soglie che, se superate, richiedono l’adempimento di alcuni obblighi. Vediamo di seguito di che cosa si tratta.
E per quanto riguarda la tassazione? Come vengono tassati i benefit del welfare?
Andiamo ad approfondire:
- Come funziona la tassazione sul welfare aziendale
- I limiti da rispettare per non versare imposte e contributi
- La particolarità dei rimborsi spesa
- Il trattamento dei premi di risultato
Come funziona la tassazione sul welfare aziendale
Tra i principali vantaggi del welfare aziendale vi è la non applicazione di IRPEF e contributi: i flexible benefit, infatti, sono uno strumento che consente ad aziende e lavoratori di godere di notevoli benefici, tra cui importanti risparmi economici e fiscali.
Bisogna precisare, però, che i benefit aziendali sono esenti da tassazione solo quando rientrano nei limiti fiscali imposti dalla legge, i quali variano a seconda della natura del benefit. Qualora si oltrepassasse la soglia prevista, occorrerebbe versare contributi con l’imponibile stabilita per ogni caso.
Andiamo quindi ad analizzare i principali tipi di benefit e i loro massimali.
I limiti da rispettare per non incorrere nell’applicazione di imposte e contributi
L’agevolazione fiscale e contributiva per i benefit rientranti nel welfare aziendale non è totale, ma sono previste alcune eccezioni. Nello specifico, a seconda della tipologia di benefit esistono infatti alcuni limiti oltre i quali i benefit erogati al dipendente concorrono alla formazione del reddito.
Scopriamo di seguito quali sono:
- Fringe benefit: si tratta di benefit come ad esempio buoni carburante, buoni spesa, buoni shopping e così via. Attualmente, sono esenti da tasse e contributi fino a un valore complessivo di 1000€ per tutti i lavoratori, a eccezione di coloro con figli a carico per cui la soglia sale a 2000€, grazie alla Legge di Bilancio 2024 (normalmente la soglia massima è di 258,23€).
- Buoni pasto: tra i benefit aziendali più diffusi, prevedono limiti di esenzione a seconda della loro natura. Nello specifico, i buoni pasto cartacei sono esenti fino a un valore di 4€ al giorno, quelli elettronici, invece, prevedono una soglia massima di 8€ al giorno.
I buoni pasto elettronici hanno inoltre IVA agevolata al 4%. - Previdenza complementare: nel caso in cui il lavoratore decida di destinare il proprio credito welfare in un fondo di previdenza complementare, il limite di non concorrenza al reddito è pari a un importo annuale di €5.164,37. Se il dipendente decidesse inoltre di versare nel fondo pensione anche l’importo derivante dalla conversione del premio di risultato, il limite verrebbe elevato a 8.164,57€, considerando infatti che l’importo derivante da conversione non cumula con la soglia suddetta. Segnaliamo inoltre che l’importo derivante da conversione destinato a previdenza non concorrerà al reddito nemmeno al momento di erogazione della rendita pensionistica. In caso di versamento a previdenza il datore di lavoro è tenuto a versare un contributo di solidarietà del 10% all’INPS.
- Assistenza sanitaria integrativa: il proprio credito welfare può essere versato anche a scopo sanitario-assistenziale. In questo caso il limite di deducibilità fiscale è pari a 3.615,20€. Anche in questo caso, se il lavoratore decide di convertire il premio di risultato, la soglia massima può essere innalzata per il pari valore del premio convertito e quindi fino a un massimo di 6.615,20€. Confermato anche per questo servizio il contributo di solidarietà del 10%.
- Oneri di utilità sociale: i benefit erogati dal datore di lavoro erogati volontariamente alla generalità o categorie omogenee di dipendenti (e non in adempimento di un obbligo negoziale) per le finalità di cui all’articolo 100 hanno un limite di deducibilità in capo al datore di lavoro dello 0,5% dei costi del personale. Tali benefit invece non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente a prescindere dal titolo sotteso all’erogazione.
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Il welfare aziendale in busta paga: la particolarità dei rimborsi spesa
I servizi sopra citati compaiono in busta paga come voce figurativa. Vi sono poi altri benefit che prevedono il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore e/o dai suoi familiari.
Tra gli esempi di rimborsi spesa più utilizzati possiamo trovare:
- Rimborsi per le spese di istruzione dei familiari a carico, che coprono una gamma ampia di costi educativi, dall'iscrizione all'asilo nido fino alle rette universitarie, passando per l'acquisto di materiale didattico e testi scolastici. Questo tipo di supporto è particolarmente prezioso per le famiglie, aiutando a mitigare il carico finanziario associato all'educazione dei figli;
- Rimborsi per spese assistenziali per familiari anziani o non autosufficienti: questi rimborsi possono includere spese per assistenza domiciliare, strutture di accoglienza specializzate, o altre necessità legate al sostegno di membri della famiglia che richiedono cure particolari, garantendo sostegno finanziario per la gestione delle esigenze di cura;
- Rimborsi spese per l'acquisto di abbonamenti ai trasporti pubblici: questo beneficio è volto a incoraggiare l'uso di mezzi di trasporto sostenibili, facilitando la mobilità dei lavoratori e contribuendo a ridurre l'impatto ambientale e i costi associati agli spostamenti quotidiani.
Il trattamento dei premi di risultato: meglio in busta paga o in welfare aziendale?
Anche i premi di risultato possono essere convertiti in welfare aziendale, ma solo se sussistono determinate condizioni. La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto modifiche significative riguardo alla tassazione agevolata dei premi di risultato:
- Premi di risultato e tassazione agevolata: la tassazione agevolata sui premi di risultato è stata ridotta dal 10% al 5%. Tale aliquota agevolata si applica su un importo massimo di 3.000 € annui e solo per i lavoratori con un reddito annuo lordo inferiore a 80.000 €. I premi che eccedono tale importo o che non rispettano i requisiti normativi saranno tassati con l’aliquota ordinaria IRPEF.
- Conversione in welfare aziendale: se il lavoratore decide di convertire il premio di risultato in welfare aziendale, l’intero importo sarà completamente esente da tassazione e contribuzione, sia per il lavoratore che per l’azienda. Questa opzione offre dunque un vantaggio doppio in termini fiscali e contributivi.
- Condizioni per la conversione: la conversione del premio di risultato in welfare può avvenire solo se prevista da un accordo aziendale o territoriale di secondo livello. Tali accordi devono stabilire gli obiettivi aziendali che, una volta raggiunti, danno diritto all’erogazione del premio.
La scelta tra ricevere il premio di risultato in busta paga (tassato al 5%) o convertirlo in welfare dipende dalle esigenze del lavoratore. Tuttavia, la conversione in welfare aziendale risulta la soluzione più conveniente dal punto di vista fiscale e contributivo.
Vuoi saperne di più sulla gestione dei servizi di welfare aziendale?
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