C’è un principio che emerge chiaramente dall’Osservatorio Welfare 2025: il welfare aziendale non funziona se viene pensato solo dall’alto. Per essere davvero efficace, inclusivo e utilizzato, deve nascere dal dialogo tra aziende e persone. Ma cosa significa davvero “ampliare il welfare”? E come si declina questo concetto nei bisogni delle persone e negli obiettivi delle imprese?
Andiamo ad approfondire:
Il primo segnale è netto: il 91% del credito welfare disponibile viene effettivamente speso. Un dato che conferma quanto il welfare sia percepito come utile e rilevante. Tuttavia, dall’analisi qualitativa emerge una richiesta sempre più diffusa: flessibilità, personalizzazione e coerenza con la propria fase di vita. I lavoratori vogliono poter scegliere servizi realmente utili, distribuiti sul territorio e accessibili in modo semplice. Per i più giovani, questo significa formazione, tempo libero e benessere. Per chi ha famiglia, supporto alla genitorialità e spese scolastiche. Per chi guarda al futuro, previdenza e sanità. In altre parole: ampliare il welfare significa renderlo davvero adatto alle esigenze reali.
Dal lato HR, l’ampliamento del welfare è visto come una leva strategica. Il 64% dei responsabili intervistati dichiara di voler investire in piani più ampi, con nuovi servizi e maggiore copertura. Le motivazioni principali? Favorire la retention, migliorare l’attrattività per i talenti, sostenere il benessere organizzativo e valorizzare il proprio ruolo sociale sul territorio. Tuttavia, le principali difficoltà riguardano:
In particolare, le aziende faticano a proporre benefit mirati se non hanno strumenti di ascolto interni o feedback strutturati. Dove invece sono presenti survey, piattaforme agili e consulenza dedicata, l’impatto è evidente: maggiore soddisfazione interna, miglior utilizzo del credito e maggiore fidelizzazione.
Uno degli elementi più rilevanti per ampliare il welfare aziendale è il ruolo delle tecnologie digitali. Le piattaforme evolute rappresentano oggi un vero e proprio abilitatore di accessibilità, personalizzazione e coinvolgimento. Dall’Osservatorio emerge che le aziende che adottano soluzioni digitali semplici, con filtri intelligenti, percorsi guidati e simulazioni, registrano un tasso di utilizzo del credito significativamente superiore. Non solo: i lavoratori percepiscono il welfare come più vicino e fruibile, anche in contesti decentralizzati o ibridi. In questo contesto, strumenti come WelfareFinder – con la sua logica di geolocalizzazione e prossimità – rafforzano ulteriormente il legame tra tecnologia e valore concreto.
Leggi l’articolo “Welfare territoriale: perché la capillarità sarà il vero fattore strategico del 2025”
Uno dei dati più interessanti emersi dal confronto riguarda il gap tra ciò che i lavoratori chiedono e ciò che gli HR pensano sia più utile offrire.
Lavoratori:
HR:
Questo scollamento rischia di indebolire l’efficacia dei piani. Il welfare diventa percepito come “calato dall’alto” e meno vicino alla vita quotidiana delle persone.
Ampliare il welfare significa superare la logica della quantità per entrare in quella della qualità relazionale. Significa progettare con le persone, ascoltare i bisogni veri, ridurre le distanze tra offerta e domanda. E significa, soprattutto, passare da un welfare inteso come “dotazione aziendale” a uno percepito come risorsa personale e collettiva. Il welfare aziendale non è più un benefit: è un dialogo continuo tra impresa e persona. E questo dialogo, se ben coltivato, è la chiave per un’organizzazione più sana, inclusiva e sostenibile.
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